CHE
COS’È LA VITAMINA D?
Con il termine
"vitamina D" ci si riferisce sia all'ergocalciferolo (Vitamina D2) che al colecalciferolo (vitamina D3). Per l’esposizione alla luce solare, nei lieviti e nelle piante si ha la formazione di ergocalciferolo a partire dall'ergosterolo, mentre nell'uomo e negli animali si
sintetizza colecalciferolo dal 7-deidrocolesterolo
(7-DHC). Dalla vitamina D2 e dalla vitamina D deriva la 1,25-dii-drossi
vitamina D o calcitriolo che è la forma metabolicamente attiva
nell'organismo.
Per quanto appena detto, la vitamina D è un micronutriente dalle caratteristiche del tutto peculiari: infatti, la copertura dei suoi fabbisogni metabolici può essere indipendente dalla dieta. Di fatto, alle latitudini temperate e per una normale esposizione al sole in media l'80% della vitamina D resa disponibile all'organismo proviene dalla sua sintesi cutanea e solo il 20% dagli alimenti. La storia della vitamina D ha inizio nel 1919 quando venne evidenziato da Huldschinsky che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce del sole; più tardi un risultato simile fu ottenuto da Hess e Gutman, con la luce solare.
Nello stesso periodo venne ipotizzato da Mc Collum la presenza di un composto liposolubile essenziale per il metabolismo osseo nell'olio di fegato di pesce. In seguito si mostrò che il 7-DHC, se colpito dai raggi solari, dava origine a un composto che presentava la stessa attività biologica di quello isolato da Mc Collun. La struttura della vitamina D venne definitivamente identificata nel 1930 da Windaus. Di fatto, alle latitudini temperate e per una normale esposizione al sole in media l'80% della vitamina D resa disponibile all'organismo proviene dalla sua sintesi cutanea e solo il 20% dagli alimenti. La storia della vitamina D ha inizio nel 1919 quando venne evidenziato da Huldschinsky che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce del sole; più tardi un risultato simile fu ottenuto da Hess e Gutman, con la luce solare.
Nello stesso periodo venne ipotizzato da Mc Collum la presenza di un composto liposolubile essenziale per il metabolismo osseo nell'olio di fegato di pesce. In seguito si mostrò che il 7-DHC, se colpito dai raggi solari, dava origine a un composto che presentava la stessa attività biologica di quello isolato da Mc Collun. La struttura della vitamina D venne definitivamente identificata nel 1930 da Windaus.
Per quanto appena detto, la vitamina D è un micronutriente dalle caratteristiche del tutto peculiari: infatti, la copertura dei suoi fabbisogni metabolici può essere indipendente dalla dieta. Di fatto, alle latitudini temperate e per una normale esposizione al sole in media l'80% della vitamina D resa disponibile all'organismo proviene dalla sua sintesi cutanea e solo il 20% dagli alimenti. La storia della vitamina D ha inizio nel 1919 quando venne evidenziato da Huldschinsky che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce del sole; più tardi un risultato simile fu ottenuto da Hess e Gutman, con la luce solare.
Nello stesso periodo venne ipotizzato da Mc Collum la presenza di un composto liposolubile essenziale per il metabolismo osseo nell'olio di fegato di pesce. In seguito si mostrò che il 7-DHC, se colpito dai raggi solari, dava origine a un composto che presentava la stessa attività biologica di quello isolato da Mc Collun. La struttura della vitamina D venne definitivamente identificata nel 1930 da Windaus. Di fatto, alle latitudini temperate e per una normale esposizione al sole in media l'80% della vitamina D resa disponibile all'organismo proviene dalla sua sintesi cutanea e solo il 20% dagli alimenti. La storia della vitamina D ha inizio nel 1919 quando venne evidenziato da Huldschinsky che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce del sole; più tardi un risultato simile fu ottenuto da Hess e Gutman, con la luce solare.
Nello stesso periodo venne ipotizzato da Mc Collum la presenza di un composto liposolubile essenziale per il metabolismo osseo nell'olio di fegato di pesce. In seguito si mostrò che il 7-DHC, se colpito dai raggi solari, dava origine a un composto che presentava la stessa attività biologica di quello isolato da Mc Collun. La struttura della vitamina D venne definitivamente identificata nel 1930 da Windaus.
•FUNZIONE
La vitamina D esercita una duplice
funzione, endocrina
e paracrina. Svolge attività endocrina nel
mantenere l'equilibrio Ca-P e la mineralizzazione dell'osso, mentre come
citochina essa è potenzialmente coinvolta nel funzionamento di molti altri
tessuti.
La prima funzione della vitamina D è quella di regolazione del metabolismo di Ca e P, e di controllo delle loro concentrazioni ematiche; in tal modo sono preservate le condizioni di base necessarie per la mineralizzazione della matrice ossea. A livello intestinale la vitamina D aumenta in modo marcato l'assorbimento del Ca e del P nell'orletto a spazzola, mentre nel tessuto osseo favorisce la differenziazione dei monociti in osteoclasti e incrementa di conseguenza il riassorbimento del minerale osseo e la liberazione di Ca. Meno certo risulta al momento l'effetto diretto sul riassorbimento renale di Ca e P.
La vitamina D è altresì importante per il corretto trofismo dell'apparato muscolare, essa non solo stimola la sintesi di proteine muscolari ma, ad esempio, partecipa anche all'attivazione di alcuni meccanismi di trasporto del Ca a livello del reticolo sarcoplasmatico, essenziali per la contrazione muscolare.
Evidenze della letteratura suggeriscono inoltre la presenza di significative relazioni delle concentrazioni sieriche di vitamina D con la forza dei muscoli appendicolari e il livello complessivo di efficienza fisica. Questa sintesi localizzata non contribuisce all’omeostasi del Ca, ma pare coinvolta nella regolazione paracrina delle funzioni cellulari. In particolare, la vitamina regola la biosintesi e il rilascio di insulina da parte delle cellule insulari pancreatiche e influenza significativamente la sensibilità dei tessuti periferici all'insulina stessa.
La prima funzione della vitamina D è quella di regolazione del metabolismo di Ca e P, e di controllo delle loro concentrazioni ematiche; in tal modo sono preservate le condizioni di base necessarie per la mineralizzazione della matrice ossea. A livello intestinale la vitamina D aumenta in modo marcato l'assorbimento del Ca e del P nell'orletto a spazzola, mentre nel tessuto osseo favorisce la differenziazione dei monociti in osteoclasti e incrementa di conseguenza il riassorbimento del minerale osseo e la liberazione di Ca. Meno certo risulta al momento l'effetto diretto sul riassorbimento renale di Ca e P.
La vitamina D è altresì importante per il corretto trofismo dell'apparato muscolare, essa non solo stimola la sintesi di proteine muscolari ma, ad esempio, partecipa anche all'attivazione di alcuni meccanismi di trasporto del Ca a livello del reticolo sarcoplasmatico, essenziali per la contrazione muscolare.
Evidenze della letteratura suggeriscono inoltre la presenza di significative relazioni delle concentrazioni sieriche di vitamina D con la forza dei muscoli appendicolari e il livello complessivo di efficienza fisica. Questa sintesi localizzata non contribuisce all’omeostasi del Ca, ma pare coinvolta nella regolazione paracrina delle funzioni cellulari. In particolare, la vitamina regola la biosintesi e il rilascio di insulina da parte delle cellule insulari pancreatiche e influenza significativamente la sensibilità dei tessuti periferici all'insulina stessa.
Esso
inoltre regola
la trascrizione del gene della renina,
agendo sul fattore di trascrizione e CREB. Anche la proprietà antinfiammatorie
della vitamina D appaiono in grado di svolgere un'efficace azione di protezione
della parete vasale.
Il sistema vitamina D-VDR regola infine l'espressione genica dei peptidi natriuretici, che non sono semplicemente dei marcatori di ipertrofia cardiaca ma anche fattori autocrino-paracrini in grado regolare lo sviluppo della massa cardiaca in risposta a stimoli fisiologici e patologici.
La vitamina D ha anche potenziali effetti anticarcinogenetici da imputare a meccanismi quali:
Il sistema vitamina D-VDR regola infine l'espressione genica dei peptidi natriuretici, che non sono semplicemente dei marcatori di ipertrofia cardiaca ma anche fattori autocrino-paracrini in grado regolare lo sviluppo della massa cardiaca in risposta a stimoli fisiologici e patologici.
La vitamina D ha anche potenziali effetti anticarcinogenetici da imputare a meccanismi quali:
stimolo
della risposta immunitaria;
inibizione
enzimatica;
modulazione
dei fattori di crescita;
promozione
dei meccanismi pro-apoptosi;
inibizione
dei meccanismi di carcinogenesi;
inibizione
dell'angiogenesi;
riduzione
dell'invasione locale e della metastasi del tumore;
induzione
dell'autofagia;
aumento
dell'attività antiossidante e di riparazione del DNA.
Per quanto interessa la risposta
immunitaria, l'azione della vitamina D è stata associata con un aumento
dell'immunità innata nei confronti di differenti infezioni, in particolare la
tubercolosi, l'influenza e le infezioni virali delle prime vie respiratorie.
IL
CALCIO
è il minerale più rappresentato nel nostro organismo, nel quale si trova prevalentemente come costituente fondamentale delle ossa e dei denti. Il problema più grave e più conosciuto determinato dalla carenza di calcio è l’osteoporosi, che colpisce in particolare le donne dopo la menopausa e provoca una graduale degenerazione della struttura scheletrica, molto grave se non contrastata adeguatamente. Proprietà degli integratori di calcio
Il calcio partecipa a tutte le funzioni vitali per il nostro organismo, come:
La costituzione del sistema osseo scheletrico;
La regolazione di importanti processi vitali, tra cui la funzionalità del tessuto nervoso;
La contrazione muscolare, e quindi anche la regolarità del battito cardiaco;
La coagulazione del sangue;
La coesione delle cellule dell’organismo;
La digestione del latte, poiché consente la formazione del coagulo nello stomaco. È questa la ragione per cui, secondo alcuni studiosi, sarebbe meglio non abusare del latte, ma garantire l’apporto di calcio con alcuni suoi derivati.
Gli integratori a base di calcio sono utilizzati prevalentemente nella prevenzione e nella cura dell’osteoporosi. Tuttavia, tra gli altri possibili effetti che possono essere utili c’è anche il dimagrimento.
Il calcio sembra, infatti, che sia utile per ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue, impedire la formazione di coaguli e mantenere l’integrità delle arterie, favorendo la circolazione. Per questo il calcio sembra importante per prevenire condizioni come l’ipertensione, l’arteriosclerosi e il diabete. Inoltre sembra agire come tranquillante naturale (previene l’insonnia e l’ansia). Le migliori fonti alimentari di calcio sono il latte, soprattutto quello fresco, e tutti i formaggi, in particolar modo quelli stagionati. Sono ricchi di calcio anche le mandorle, il lievito di birra, gli ortaggi a foglia verde, il cavolo, i fagioli secchi e la soia.
Buona fonte di calcio sono i pesci, specie quelli di cui si mangia anche la lisca. Contiene una discreta quantità di calcio anche l’acqua, soprattutto quella minerale a effervescenza naturale.
Va tenuto presente però che l’acqua, durante il processo di cottura, perde gran parte del calcio che contiene, tranne la piccolissima parte che rimane fissata ai cibi. Per l’assimilazione del calcio è fondamentale che nella dieta sia presente la vitamina D, che ha la proprietà di fissare questo
minerale.
L'assunzione di integratori di calcio può portare alcuni effetti collaterali lievi come gonfiore, flatulenza e costipazione. Qualore uno di questi sintomi dovesse manifestarsi è bene risdurre la dose di calcio o frazionarla in più assunzione durante l'arco della giornata.
è il minerale più rappresentato nel nostro organismo, nel quale si trova prevalentemente come costituente fondamentale delle ossa e dei denti. Il problema più grave e più conosciuto determinato dalla carenza di calcio è l’osteoporosi, che colpisce in particolare le donne dopo la menopausa e provoca una graduale degenerazione della struttura scheletrica, molto grave se non contrastata adeguatamente. Proprietà degli integratori di calcio
Il calcio partecipa a tutte le funzioni vitali per il nostro organismo, come:
La costituzione del sistema osseo scheletrico;
La regolazione di importanti processi vitali, tra cui la funzionalità del tessuto nervoso;
La contrazione muscolare, e quindi anche la regolarità del battito cardiaco;
La coagulazione del sangue;
La coesione delle cellule dell’organismo;
La digestione del latte, poiché consente la formazione del coagulo nello stomaco. È questa la ragione per cui, secondo alcuni studiosi, sarebbe meglio non abusare del latte, ma garantire l’apporto di calcio con alcuni suoi derivati.
Gli integratori a base di calcio sono utilizzati prevalentemente nella prevenzione e nella cura dell’osteoporosi. Tuttavia, tra gli altri possibili effetti che possono essere utili c’è anche il dimagrimento.
Il calcio sembra, infatti, che sia utile per ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue, impedire la formazione di coaguli e mantenere l’integrità delle arterie, favorendo la circolazione. Per questo il calcio sembra importante per prevenire condizioni come l’ipertensione, l’arteriosclerosi e il diabete. Inoltre sembra agire come tranquillante naturale (previene l’insonnia e l’ansia). Le migliori fonti alimentari di calcio sono il latte, soprattutto quello fresco, e tutti i formaggi, in particolar modo quelli stagionati. Sono ricchi di calcio anche le mandorle, il lievito di birra, gli ortaggi a foglia verde, il cavolo, i fagioli secchi e la soia.
Buona fonte di calcio sono i pesci, specie quelli di cui si mangia anche la lisca. Contiene una discreta quantità di calcio anche l’acqua, soprattutto quella minerale a effervescenza naturale.
Va tenuto presente però che l’acqua, durante il processo di cottura, perde gran parte del calcio che contiene, tranne la piccolissima parte che rimane fissata ai cibi. Per l’assimilazione del calcio è fondamentale che nella dieta sia presente la vitamina D, che ha la proprietà di fissare questo
minerale.
L'assunzione di integratori di calcio può portare alcuni effetti collaterali lievi come gonfiore, flatulenza e costipazione. Qualore uno di questi sintomi dovesse manifestarsi è bene risdurre la dose di calcio o frazionarla in più assunzione durante l'arco della giornata.
Il tè, il caffè, il fumo e
l’alcol riducono l’assorbimento intestinale del calcio perciò andrebbero
evitati o consumati a distanza di almeno un paio d’ore dall’assunzione
dell’integratore di calcio.
Fabbisogno giornaliero di
calcio
Il fabbisogno
giornaliero, per l'adulto, è stimabile intorno agli 800 mg e aumenta a 1200 mg
in alcune fasi della vita (adolescenza e, nella donna, durante la gravidanza e
l’allattamento). Si raccomandano:
Per i bambini da 1 a 6
anni 800 mg al giorno di calcio;
Per i bambini dai 7 ai 10
anni fino a 1000 mg al giorno per consentire un sano sviluppo della massa
muscolare.
Per gli
adolescenti fino a 17 anni il dosaggio può essere aumentato fino a 1200 mg
al giorno.
In gravidanza: poichè la gestante trasferisce
prima al feto poi al neonato che allatterà, circa 200-250 mg al giorno di
calcio, è indispensabile integrarei il calcio ceduto per evitare carenze fortemente debilitanti.
Menopausa: 1200-1500
mg al giorno nei cinque anni successivi alla menopausa per prevenire la perdita
di massa scheletrica.
•CARENZA
•Diversi sono i fattori in grado di influenzare la
sintesi di vitamina D, alcuni legati alle caratteristiche dell'individuo come sesso e fototipo,
altri ambientali come:
•attività fisica
•eccesso ponderale;
•tempo di esposizione alla luce
solare
•latitudine
•stagione
•inquinamento
•utilizzo di filtri solari
•consumo di supplementi.
In aggiunta, nel corso
dell'invecchiamento, i meccanismi di sintesi della vitamina D da parte
dell'epidermide diventano progressivamente meno efficienti.
Anche patologie da malassorbimento (celiachia, morbo di Crohn, fibrosi cistica e retto colite ulcerosa), patologie del fegato, o dei reni, e l'uso di taluni farmaci (come corticosteroidi e anticonvulsivanti) possono contribuire o essere causa diretta della carenza di vitamina D. In sintesi, il deficit di vitamina D è determinato nella maggior parte dei casi da una ridotta esposizione alla luce del sole e/o da un riduzione dell’assorbimento attraverso la dieta. La carenza della vitamina D viene identificata in base alla concentrazione sierica e dipende quindi dal livello scelto, prevalentemente indicato in 20 pg/mL (50 pmol/L).
In generale si osserva un'elevata prevalenza di stati carenziali sia in età adulta che in età evolutiva. In Italia essi sono frequenti specialmente in età geriatrica e durante l'inverno; ad esempio, è facile riscontrare la carenza in un'altissima percentuale di donne anziane (86%).
Un caso a parte è rappresentato dagli individui obesi. Come già detto, la vitamina D si può depositare nel tessuto adiposo, senza che al momento sia chiaro se e quanto questo contribuisca alla regolazione del suo metabolismo. Gli obesi potrebbero per tanto aver bisogno di maggiori apporti di vitamina con la dieta per raggiungere gli stessi livelli plasmatici che si osservano negli individui normopeso. Di fatto, in molti studi si è osservata una relazione inversa fra vitamina D e indice di massa corporea. Si è pure evidenziato un minor incremento della vitamina D sierica negli individui obesi a seguito di supplementazione, così come un aumento delle sue concentrazioni sieriche durante decremento ponderale.
Qualunque siano le cause, la carenza di vitamina D ha evidenti effetti sfavorevoli sullo stato di salute, a cominciare da quanto avviene a carico dell'apparato muscolo-scheletrico. Essa altera il metabolismo di Ca e P, determinando la riduzione delle concentrazioni sferiche di questi due minerali, con iperparatiroidismo secondario e aumento dell'attività della fosfatasi alcalina nel siero. Nei casi più estremi si possono avere convulsioni da ipocalcemia. Segni di deficit protratto sono rappresentati dall'inadeguata mineralizzazione dello scheletro (rachitismo nei bambini, osteomalacia e osteoporosi negli adulti). Gli effetti della carenza della vitamina sono resi ancora più evidenti in presenza di un concomitante ridotto apporto di Ca in termini di prevenzione.
Convincenti evidenze della letteratura indicano come nell'anziano la supplementazione con vitamina D, in associazione al Ca, riduca il rischio per fratture, in particolare quella dell'anca. Tale effetto appare ancor più evidente negli anziani istituzionalizzati. Per quanto riguarda il sistema muscolare, in condizioni di ipovitaminosi severa, può portare alla miopatia dei muscoli prossimali, all’astenia agli arti, alla sarcopenia e alla riduzione della forza muscolare, con conseguenti disturbi dell'equilibrio osseo dovuti a cadute accidentali.
Al di fuori dell'apparato muscolo-scheletrico, di notevole rilevanza è il ruolo della vitamina D nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. È stata dimostrata l’esistenza di una relazione inversa della vitamina D nel siero con la prevalenza d'ipertensione arteriosa e di altre patologie cardiovascolari. Inoltre, l'ipovitaminosi D rappresenta un potente predatore del rischio di sviluppare un primo evento cardiovascolare nei pazienti ipertesi. D'altra parte, in soggetti a rischio di diabete i livelli di vitamina D sono inversamente correlati alla condizione di insulino-resistenza e sono associati a un ridotto rischio di insorgenza della malattia. La condizione di ipovitaminosi D, infine, aumenta significativamente il rischio di morte in pazienti diabetici, con sindrome metabolica, scompenso cardiaco o insufficienza renale cronica. La plausibilità biologica della relazione fra tumori e vitamina D deriva, come già detto, dai suoi potenziali e vari effetti anticarcinogenetici. Non ci sono evidenze circa una relazione fra vitamina D e incidenza complessiva di tumori, mentre emerge qualche ragionevole ipotesi di una relazione con le neoplasie del colon-retto e della mammella, ma non con il tumore della prostata.
Anche patologie da malassorbimento (celiachia, morbo di Crohn, fibrosi cistica e retto colite ulcerosa), patologie del fegato, o dei reni, e l'uso di taluni farmaci (come corticosteroidi e anticonvulsivanti) possono contribuire o essere causa diretta della carenza di vitamina D. In sintesi, il deficit di vitamina D è determinato nella maggior parte dei casi da una ridotta esposizione alla luce del sole e/o da un riduzione dell’assorbimento attraverso la dieta. La carenza della vitamina D viene identificata in base alla concentrazione sierica e dipende quindi dal livello scelto, prevalentemente indicato in 20 pg/mL (50 pmol/L).
In generale si osserva un'elevata prevalenza di stati carenziali sia in età adulta che in età evolutiva. In Italia essi sono frequenti specialmente in età geriatrica e durante l'inverno; ad esempio, è facile riscontrare la carenza in un'altissima percentuale di donne anziane (86%).
Un caso a parte è rappresentato dagli individui obesi. Come già detto, la vitamina D si può depositare nel tessuto adiposo, senza che al momento sia chiaro se e quanto questo contribuisca alla regolazione del suo metabolismo. Gli obesi potrebbero per tanto aver bisogno di maggiori apporti di vitamina con la dieta per raggiungere gli stessi livelli plasmatici che si osservano negli individui normopeso. Di fatto, in molti studi si è osservata una relazione inversa fra vitamina D e indice di massa corporea. Si è pure evidenziato un minor incremento della vitamina D sierica negli individui obesi a seguito di supplementazione, così come un aumento delle sue concentrazioni sieriche durante decremento ponderale.
Qualunque siano le cause, la carenza di vitamina D ha evidenti effetti sfavorevoli sullo stato di salute, a cominciare da quanto avviene a carico dell'apparato muscolo-scheletrico. Essa altera il metabolismo di Ca e P, determinando la riduzione delle concentrazioni sferiche di questi due minerali, con iperparatiroidismo secondario e aumento dell'attività della fosfatasi alcalina nel siero. Nei casi più estremi si possono avere convulsioni da ipocalcemia. Segni di deficit protratto sono rappresentati dall'inadeguata mineralizzazione dello scheletro (rachitismo nei bambini, osteomalacia e osteoporosi negli adulti). Gli effetti della carenza della vitamina sono resi ancora più evidenti in presenza di un concomitante ridotto apporto di Ca in termini di prevenzione.
Convincenti evidenze della letteratura indicano come nell'anziano la supplementazione con vitamina D, in associazione al Ca, riduca il rischio per fratture, in particolare quella dell'anca. Tale effetto appare ancor più evidente negli anziani istituzionalizzati. Per quanto riguarda il sistema muscolare, in condizioni di ipovitaminosi severa, può portare alla miopatia dei muscoli prossimali, all’astenia agli arti, alla sarcopenia e alla riduzione della forza muscolare, con conseguenti disturbi dell'equilibrio osseo dovuti a cadute accidentali.
Al di fuori dell'apparato muscolo-scheletrico, di notevole rilevanza è il ruolo della vitamina D nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. È stata dimostrata l’esistenza di una relazione inversa della vitamina D nel siero con la prevalenza d'ipertensione arteriosa e di altre patologie cardiovascolari. Inoltre, l'ipovitaminosi D rappresenta un potente predatore del rischio di sviluppare un primo evento cardiovascolare nei pazienti ipertesi. D'altra parte, in soggetti a rischio di diabete i livelli di vitamina D sono inversamente correlati alla condizione di insulino-resistenza e sono associati a un ridotto rischio di insorgenza della malattia. La condizione di ipovitaminosi D, infine, aumenta significativamente il rischio di morte in pazienti diabetici, con sindrome metabolica, scompenso cardiaco o insufficienza renale cronica. La plausibilità biologica della relazione fra tumori e vitamina D deriva, come già detto, dai suoi potenziali e vari effetti anticarcinogenetici. Non ci sono evidenze circa una relazione fra vitamina D e incidenza complessiva di tumori, mentre emerge qualche ragionevole ipotesi di una relazione con le neoplasie del colon-retto e della mammella, ma non con il tumore della prostata.
•TOSSICITÀ
•Fenomeni di tossicità sono
descritti in caso di inappropriata assunzione di dosi 100 volte superiori
all'apporto giornaliero raccomandato per l'età adulta. In pratica è impossibile
incorrere in fenomeni di ipervitaminosi D con la semplice alimentazione e/o
l'esposizione alla luce solare. Infatti, la dieta è relativamente povera di
vitamina D, mentre per un'esposizione al sole
particolarmente rilevante le radiazioni UVB divengono responsabili della
degradazione delle pre-vitamine in prodotti inattivi. La
diagnosi di intossicazione da vitamina D viene posta sulla base di una
concentrazione sierica >150 ng/mL.
I sintomi di intossicazione acuta e cronica sono rappresentati da nausea, diarrea, poliuria, perdita di peso, ipercalcemia, ipercalciuria, nefrocalcinosi, ridotta funzione renale e calcificazioni nei tessuti molli.
I sintomi di intossicazione acuta e cronica sono rappresentati da nausea, diarrea, poliuria, perdita di peso, ipercalcemia, ipercalciuria, nefrocalcinosi, ridotta funzione renale e calcificazioni nei tessuti molli.
•fONTI ALIMENTARI
Un alimento particolarmente ricco
di vitamina D è l'olio di fegato di merluzzo, ma di norma esso viene consumato
solo come supplemento; contengono discrete quantità di vitamina D i pesci,
specialmente quelli grassi come l'aringa, il tonno fresco e il salmone in
scatola. Tra le carni, quantità apprezzabili di vitamina D si ritrovano solo
nel fegato di suino. Molti paesi arricchiscono alcuni alimenti di uso comune
(ad es. latte e margarine) con la vitamina D, poiché le condizioni ambientali
(come per esempio, scarsità di luce solare durante l'inverno) sono
particolarmente sfavorevoli per la sua sintesi endogena. Da alcuni anni sono
presenti, anche in Italia, prodotti lattiero-caseari arricchiti, in
concentrazioni variabili, con vitamina D e Ca.Il rapporto medio di vitamina D da alimenti e supplementi è risultato pari a 2,5 microgrammi/die di cui l'8% deriva dal consumo di supplementi.
La principale fonte di vitamina D nella dieta italiana è rappresentata dal pesce, che garantisce il 38% dell'apporto totale. Il contributo di carne e derivati è del 26%, mentre quello di latte e derivati è del 7% e infine le Uova del 16%. I supplementi contribuiscono per il 54% dell'assunzione totale di vitamina D.
LATTANTI (6-12 MESI): la concentrazione di vitamina D nel latte umano è molto bassa e assolutamente insufficiente a soddisfare le necessità dei lattanti, che inoltre sono di frequente poco esposti alla luce diretta del sole. Per il secondo semestre di vita si indica un fabbisogno pari a 10 microgrammi/die perché tale apporto, come emerge dagli studi di supplementazione, è sufficiente a garantire concentrazioni sieriche di >20ng/mL , che non si associano ad alcun segno clinico di carenza. Data l'alta incidenza di rachitismo in assenza di supplementazione con vitamina D, l'assunzione regolare di vitamina D di fatto assume nei lattanti una particolare importanza, perché permette di garantire una normale crescita dell'osso.
•LATTANTI (6-12 MESI): la
concentrazione di vitamina D nel latte umano è molto bassa e assolutamente
insufficiente a soddisfare le necessità dei lattanti, che inoltre sono di
frequente poco esposti alla luce diretta del sole. Per il secondo semestre di
vita si indica un fabbisogno pari a 10 microgrammi/die perché tale apporto,
come emerge dagli studi di supplementazione, è sufficiente a garantire
concentrazioni sieriche di >20ng/mL , che non si associano ad alcun
segno clinico di carenza. Data l'alta incidenza di rachitismo in assenza di supplementazione con vitamina D, l'assunzione
regolare di vitamina D di fatto assume nei lattanti una particolare
importanza, perché permette di garantire una
normale crescita dell'osso.
BAMBINI E ADOLESCENTE (1-17 ANNI): in una fase di accrescimento scheletrico, bambini e adolescenti hanno necessità particolarmente elevate di vitamina D. Le evidenze relative alla prevenzione del rachitismo, all'assorbimento frazionale del Ca e al contenuto minerale osseo, portano a indicare un valore di 10 µg/die.
ADULTI (18-59 ANNI): in questa fascia d'età, l'obiettivo è quello di mantenere al meglio l'integrità anatomica e funzionale dell'osso. Si indicano per entrambi i sessi un fabbisogno pari a 10 microgrammi/die. Tale valore non si modifica per le donne in menopausa.
ETÀ GERIATRICA (60 ANNI): nell'anziano si mira innanzi tutto a rallentare la perdita di massa ossea e a ridurre il rischio di fratture. Anche in questo caso, è necessario procedere con l'elaborazione di evidenze sperimentali, spesso indirette. Per gli uomini e le donne di 60-74 anni, in assenza di dati specifici, si riconfermano i valori già indicati per la popolazione adulta. Per la fascia d'età >75 anni, tenendo conto che possono essere presenti un certo numero di individui anziani le cui necessità per la vitamina D sono particolarmente elevate, secondo un criterio di prudenza si adotta una un percentuale di vitamina D più elevata rispetto a quella della popolazione adulta, pari a 20 microgrammi/die.
GRAVIDANZA: anche se il ruolo della vitamina D nello sviluppo fetale non è ancora del tutto definito, è certo che durante la gravidanza si ha un aumento dei valori plasmatici di vitamina D a causa della sintesi placentare di tale molecola, mentre fattori indipendenti dalla vitamina D sono responsabili del trasferimento di Ca dalla madre al feto. D'altro canto, non sono state evidenziate delle chiare relazioni dello stato vitaminico della madre con il metabolismo del Ca e con lo sviluppo del tessuto osseo del feto. Di conseguenza si conferma quanto indicato per le donne in età fertile, con un valore pari 12 microgrammi/die.
BAMBINI E ADOLESCENTE (1-17 ANNI): in una fase di accrescimento scheletrico, bambini e adolescenti hanno necessità particolarmente elevate di vitamina D. Le evidenze relative alla prevenzione del rachitismo, all'assorbimento frazionale del Ca e al contenuto minerale osseo, portano a indicare un valore di 10 µg/die.
ADULTI (18-59 ANNI): in questa fascia d'età, l'obiettivo è quello di mantenere al meglio l'integrità anatomica e funzionale dell'osso. Si indicano per entrambi i sessi un fabbisogno pari a 10 microgrammi/die. Tale valore non si modifica per le donne in menopausa.
ETÀ GERIATRICA (60 ANNI): nell'anziano si mira innanzi tutto a rallentare la perdita di massa ossea e a ridurre il rischio di fratture. Anche in questo caso, è necessario procedere con l'elaborazione di evidenze sperimentali, spesso indirette. Per gli uomini e le donne di 60-74 anni, in assenza di dati specifici, si riconfermano i valori già indicati per la popolazione adulta. Per la fascia d'età >75 anni, tenendo conto che possono essere presenti un certo numero di individui anziani le cui necessità per la vitamina D sono particolarmente elevate, secondo un criterio di prudenza si adotta una un percentuale di vitamina D più elevata rispetto a quella della popolazione adulta, pari a 20 microgrammi/die.
GRAVIDANZA: anche se il ruolo della vitamina D nello sviluppo fetale non è ancora del tutto definito, è certo che durante la gravidanza si ha un aumento dei valori plasmatici di vitamina D a causa della sintesi placentare di tale molecola, mentre fattori indipendenti dalla vitamina D sono responsabili del trasferimento di Ca dalla madre al feto. D'altro canto, non sono state evidenziate delle chiare relazioni dello stato vitaminico della madre con il metabolismo del Ca e con lo sviluppo del tessuto osseo del feto. Di conseguenza si conferma quanto indicato per le donne in età fertile, con un valore pari 12 microgrammi/die.
••DUBBI SUGLI INTEGRATORI
•Non
tutti gli integratori mantengono le promesse. In
carenza di vitamina D, che genera vari problemi di salute, vuoi acuti vuoi
cronici, non tutti gli interventi in supplementazione producono reali benefici, se non a
chi li produce e li commercializza. L’analisi viene da un gruppo di ricercatori
retto da Michael Allan, direttore della Medicina Basata sull'Evidenza
dell'Università dell'Alberta (Edmonton, Canada), pubblicata dal Journal of
General Internal Medicine. L’indagine ha valutato
l’efficacia dell'assunzione di vitamina D per ridurre cadute e fratture,
migliorare la depressione e il benessere psicologico, prevenire l'artrite
reumatoide, trattare la sclerosi multipla e ridurre l'incidenza dei tumori e la
mortalità. Assumere vitamina D può aiutare a ridurre la frequenza delle cadute,
ma non ci sono dati certi. Quanto alla prevenzione delle fratture, l’efficacia
della supplementazione
è
dimostrata solo in combinazione con il calcio e in dosi non inferiori
a
•800
UI. (1200 mg) Infine, la vitamina D può aiutare a ridurre la mortalità, ma solo del 5%
circa.
In particolare, il caso in cui si hanno i maggiori benefici assumendo vitamina D, è quello delle fratture. Ipotizzando che un gruppo di soggetti ad alto rischio possa subire una frattura, quindi addebitando un 15% di probabilità di romperselo nei 10 anni successivi, e li si trattasse con una dose ragionevole di vitamina D per un decennio, si potrebbe prevenire una frattura in circa 1 persona su 50. Come ha dichiarato Allan, “questi esiti in prevenzione possono avere poco significato. Se questo è il meglio che la vitamina D può fare".
Ulteriore dato: se è vero che una supplementazione ragionevole di vitamina D non è dannosa per una persona sana non è dimostrato che non la farà stare meglio. «E' altamente improbabile che una persona di 40 anni tragga beneficio dall’assunzione di vitamina D, non ci sono evidenze scientifiche in tal senso».
In particolare, il caso in cui si hanno i maggiori benefici assumendo vitamina D, è quello delle fratture. Ipotizzando che un gruppo di soggetti ad alto rischio possa subire una frattura, quindi addebitando un 15% di probabilità di romperselo nei 10 anni successivi, e li si trattasse con una dose ragionevole di vitamina D per un decennio, si potrebbe prevenire una frattura in circa 1 persona su 50. Come ha dichiarato Allan, “questi esiti in prevenzione possono avere poco significato. Se questo è il meglio che la vitamina D può fare".
Ulteriore dato: se è vero che una supplementazione ragionevole di vitamina D non è dannosa per una persona sana non è dimostrato che non la farà stare meglio. «E' altamente improbabile che una persona di 40 anni tragga beneficio dall’assunzione di vitamina D, non ci sono evidenze scientifiche in tal senso».
•
L’acido
folico è una vitamina presente nei cereali, nel lievito di birra, nel fegato, nelle foglie (da cui l'attributo
"folico") ed in particolar modo negli spinaci. Dopo essere stato assorbito a livello
intestinale, l'acido folico viene attivato dal fegato, che lo trasforma in
acido folinico,
lo distribuisce ai vari tessuti o, eventualmente, lo deposita come riserva.
Più che di acido folico sarebbe corretto
parlare di folati,
dal momento che esiste un'intera famiglia di sostanze con struttura ed attività
biologica analoga a quella della classica vitamina B9. Durante l'assorbimento
intestinale queste provitamine vengono ridotte nella loro forma
più semplice, chiamata, appunto, acido folico.
La vitamina B9 è essenziale alla vita
dell'uomo e di molti altri organismi, anche particolarmente semplici come
i batteri. Questa sostanza, intervenendo nella
sintesi degli acidi
nucleici, è infatti molto importante per la
crescita e la riproduzione cellulare.
L’acido folico ed i suoi derivati
partecipano alla sintesi di emoglobina e di alcuni amminoacidi, come
la metionina e l'acido glutammico. Sono molto
importanti per la crescita, per la riproduzione e per il buon funzionamento del
sistema nervoso.
•Insieme alla vitamina
B12, con la quale condivide numerose
funzioni, tra cui la più nota è quella antianemica, l'acido folico è una delle
due vitamine di più recente scoperta. Fabbisogno di Acido Folico e
Contenuto negli Alimenti
•Il fabbisogno
giornaliero di acido folico è stato
valutato, per uomini e donne adulte, in 200 mcg (µg). Tale quota è facilmente
raggiungibile con una dieta varia ed equilibrata, che includa alimenti
vegetali, preferibilmente freschi e consumati crudi (la cottura distrugge dal
50 al 95% dell'acido folico). Come accade per la vitamina C, anche l'esposizione alla luce
solare impoverisce gli alimenti del
loro prezioso carico di folati. Proprio per questo motivo chi mangia spesso in
mensa è predisposto ad una carenza
di acido folico e
di altre vitamine
termolabili.
•Il consiglio è quindi quello di non
conservare troppo a lungo le verdure, ma di consumarle velocemente, fresche o
dopo una rapida cottura.
Carenza di Acido Folico
•Nonostante il fabbisogno minimo
venga ampiamente coperto dalla semplice assunzione di 150 grammi di spinaci
o crescione, carenze
di acido folico sono
abbastanza comuni, specialmente nelle donne in gravidanza e negli anziani.
Colpa di un'alimentazione inadeguata (povera di verdure fresche), ma anche di
condizioni patologiche che possono ostacolare l'assimilazione della vitamina.
E' bene ricordare, per esempio, che l'alcol ed il morbo celiaco riducono l'assorbimento della
B12 e dei folati, aumentandone l'escrezione; anche
il fumo ha un effetto negativo.
I sintomi
da carenza sono
piuttosto vari e comprendono: apatia,
stanchezza, inappetenza, difficoltà psichiche e mnemoniche, turbe del sonno,
ulcerazioni della mucosa orale
e anemia macrocitica e
megaloblastica. Durante l'infanzia un deficit di folati
causa ritardi nella crescita, per questo l'acido folico è conosciuto anche come
"la vitamina amica dei bambini".
Alcuni
batteri presenti nel tubo digerente sono in grado di produrre acido folico,
che, un po' come succede per il nostro organismo, viene utilizzato per la
sintesi di nucleotidi ed
amminoacidi. Dato che una certa parte dell'acido folico prodotto viene
riassorbita, l'alterazione della normale flora
batterica,
indotta per esempio dall'uso prolungato di antibiotici, può
scatenare carenze di folati. In queste ed altre condizioni,
come l'alcolismo,
la gravidanza e l'allattamento, è
necessario incrementare l'assunzione di acido folico. Per le
gestanti i livelli raccomandati dagli esperti salgono a 400 mcg,
mentre per le nutrici si
consiglia un apporto non inferiore ai 350 mcg/die.
Nelle
puerpere la razione alimentare viene spesso affiancata da integratori specifici
a base di folati,
necessari per preservare la salute della madre (attività antianemica) e
del feto (previene
la formazione della spina
bifida,
una grave malformazione del tubo neurale). In caso di gravidanza programmata,
l'apporto di acido folico viene spesso integrato da supplementi dietetici, già
5 o 6 settimane prima del concepimento.
Il
fabbisogno di folati è
superiore anche per gli sportivi, per le donne che assumono contraccettivi
orali a base di progesterone ed estrogeni (questi
ormoni interferiscono
con l'assorbimento dell'acido folico) e in ogni condizione che richieda un più
accentuato rinnovo dei tessuti.
In
questi ultimi anni l'acido folico è salito alla ribalta anche per la sua
capacità di contrastare gli effetti negativi dell'omocisteina,
un amminoacido che,
quando è presente in eccesso nel circolo sanguigno, causa danni simili, se non
addirittura superiori, a quelli dell'ipercolesterolemia
• •La vitamina C (o acido ascorbico)
è una sostanza particolarmente preziosa per il nostro organismo dato che rafforza il sistema immunitario,
è antiossidante, contribuisce alla salute di ossa e articolazioni ed è in grado
di facilitare l’assorbimento del ferro. Si tratta di una vitamina idrosolubile con
azione molto ampia all’interno del nostro organismo che, come accade per le
altre vitamine, va assunta attraverso l’alimentazione dato che il nostro corpo
non è in grado di sintetizzarla. Fortunatamente la vitamina C è molto presente
nella nostra alimentazione in quanto frutta e verdura ne sono particolarmente
ricche. Dunque mangiando bene e di stagione è possibile evitare carenze e
allontanare il rischio scorbuto.
•Le proprietà della vitamina C
sono davvero molte. Si è dimostrata attiva nei confronti del
raffreddore soprattutto se preso ai primi sintomi
•La vitamina C permetterebbe di
dimezzare la durata dei sintomi del raffreddore. Nell’ambito di questa ricerca
la vitamina C è stata inoltre giudicata in grado di rafforzare le difese
immunitarie delle persone sottoposte a forti condizioni di stress fisico.
• capacità antiossidante e
dunque protettiva nei confronti dei radicali liberi responsabili
dell’invecchiamento cellulare ma anche il suo ruolo fondamentale nella formazione del
collage che rafforza muscoli, ossa e vasi sanguigni.
•Tra
le sue caratteristiche vi è poi l’azione positiva nei confronti dell’assorbimento del ferro. È
per questo che si consiglia sempre di associare un po’ di succo di arancia o
limone spremuto sul momento agli alimenti ricchi di ferro come tofu, legumi e
verdure a foglia verde.
•Altre
sue funzioni all’interno del nostro corpo sono: la partecipazione nella sintesi
della carnitina e degli ormoni surrenalici; la regolazione dei
livelli endogeni di istamina; la riduzione della tossicità di alcuni
minerali e la protezione dall’inquinamento.
•Ricapitolando
la vitamina C:
••
È antiossidante
••
Aiuta il sistema
immunitario
••
Aiuta la formazione del collagene ed è dunque utile alla buona salute di ossa,
muscoli e vasi sanguigni
••
Aiuta l’assorbimento di ferro
••
Aiuta a sintetizzare carnitina e ormoni surrenalici
••
Regola i livelli endogeni di istamina
••
Riduce la tossicità di alcuni minerali
••
Protegge dall’inquinamento
••
Fa bene al sistema cardiovascolare come una camminata
•SINTOMI
DI CARENZA
•Gravi
carenze di questa vitamina portano allo scorbuto,
una malattia che colpisce il collagene e di conseguenza porta ad un
indebolimento non solo di cartilagini, denti e tessuto connettivo ma anche
delle ossa.
Nessun commento:
Posta un commento